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LA SITUAZIONE IN FABBRICA:
Ripartono TPP, TVE e TMP. Rientrano alcune centinaia di dipendenti: sembrerebbe una novità positiva. Alcune domande sono tuttavia ineludibili. Si parla di 1000 persone al lavoro: quanto a lungo lavoreranno? E per quanti giorni ciascuno di essi sarà effettivamente in fabbrica? Il 19 febbraio al MISE l’azienda ha confermato la riduzione del monte ore di lavoro: come si concilia questa scelta con la continuità del lavoro e della produzione? La continuità produttiva dello stabilimento è una questione decisiva per il futuro, rispetto alla clientela da riconquistare.
Si verificano inoltre fatti totalmente negativi:
• a fronte di centinaia di cassintegrati, si effettuano straordinari e seste giornate
• acqua fredda negli spogliatoi
• pochi lavoratori in affiancamento, ai quali non viene rimborsato il costo dei trasporti e dei pasti
• si sperimenta l’acciaio al piombo, nocivo per la salute e inutile per rilanciare lo stabilimento
• scende il silenzio sul ritrovamento, da parte di Arpat, di amianto pure presso i pulpiti dei manovratori al TMP
• non ci sono certezze sul prolungamento della Cig oltre ottobre-novembre 2019
SOPRATTUTTO, GLI INVESTIMENTI NON SI VEDONO.
La stessa ripartenza dei treni di laminazione in contemporanea non sarà una mossa per far lievitare temporaneamente il consumo energetico e ottenere così sconti dal Governo? Bisogna considerare infatti che, mentre il TPP forse regge sul mercato, TMP e TVE rischiano di laminare in buona parte per il magazzino, fuori dalla moderna logica industriale e commerciale.
Al MISE, la giusta richiesta sindacale di anticipare l’installazione del primo forno elettrico è caduta nel vuoto: al contrario, l’azienda ribadisce che lo studio di fattibilità non si concluderà prima della fine del 2019. Inoltre, AFERPI-JSW annunciò al MISE 30 milioni di investimenti per il “fungo duro” del TPP, indispensabile per produrre le rotaie per l’Alta velocità, ma la decisione finale è riservata alla direzione centrale e non arriva. Intanto, non i sono visti neppure i 18,7 milioni per il revamping dei treni di laminazione, annunciati a suo tempo.
Se è vero che Jindal non è Rebrab, è anche vero che Accordo di programma e intese sindacali non gli pongono vincoli credibili per costringerlo a mantenere le promesse. E intanto ha ottenuto le concessioni sul porto. SENZA INVESTIMENTI SUI FORNI ELETTRICI E SUL RESTO, PER TORNARE FINALMENTE A COLARE ACCIAIO, LO STABILIMENTO DI PIOMBINO RISCHIA ANCORA UNA VOLTA DI MORIRE. La soluzione non può essere quella di importare semilavorati magari dall’Oman, a costi che portano fuori mercato i prodotti AFERPI, come sta invece avvenendo attualmente.
SINDACATI (E ISTITUZIONI) devono smettere di funzionare come ufficio stampa dell’azienda. Per non rischiare Rebrab-Bis, HANNO IL DOVERE DI VIGILARE, IN STRETTO RAPPORTO CON RSU, LAVORATORI E CITTADINANZA, PER COSTRUIRE LA MOBILITAZIONE SOCIALE, indispensabile anche per rompere il preoccupante silenzio che è tornato a scendere sulla vicenda.
associazione Coordinamento Art.1-Camping CIG