Lunedì 28 febbraio l’attore è il protagonista del racconto di Herman Melville nella rilettura di Francesco Niccolini. Appuntamento alle 21 al Teatro degli Industri.
Leo Gullotta è il protagonista del nuovo appuntamento della Stagione teatrale 2022 organizzata dal Comune di Grosseto con la Fondazione Toscana Spettacolo onlus. Lunedì 28 febbraio alle 21 al Teatro degli Industri si alza il sipario su “Bartleby lo scrivano”: lo spettacolo, nell’adattamento di Francesco Niccolini, è liberamente tratto dal racconto di Herman Melville, scritto due anni dopo l’uscita di “Moby Dick”. E la narrazione, anche se in ambienti completamente diversi – un oceano e Wall Street –, mette sempre al centro l’uomo e il senso profondo della vita. Insieme con Leo Gullotta sul palco saliranno Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Dimitri Frosali, Massimo Salvianti e Lucia Socci, diretti dal regista Emanuele Gamba. I biglietti sono disponibili online (comunegrosseto.ticka.it) o al botteghino del Teatro degli Industri, che lunedì 28 febbraio sarà aperto dalle ore 18.
Francesco Niccolini immagina una Wall Street di più di un secolo fa. Una giornata qualunque nello studio di un avvocato, gentile e anonimo. Lo studio è “abitato” da figure alquanto bizzarre: due impiegati che non vanno affatto d’accordo, una segretaria che fa la civetta con entrambi ma che in realtà spasima per il datore di lavoro, e una donna delle pulizie molto attiva. A sconvolgere la routine dello studio arriva Bartleby, un nuovo scrivano, ed è come se in quell’ufficio fosse entrato un vento che manda all’aria il senso normale delle cose e della vita. Copia e compila diligentemente le carte che il suo padrone gli passa, fino a quando un po’ di sabbia finisce nell’ingranaggio e tutto si blocca. Un giorno Bartleby decide di rispondere a qualsiasi richiesta con una frase che è rimasta nella storia: “avrei preferenza di no”. Solo quattro parole, dette sottovoce, senza violenza e senza senso, un gentile rifiuto che paralizza il lavoro e la logica e sconvolge tanto l’ufficio che la vita del datore di lavoro. Da quel momento Bartleby si spegne: sta inerte alla scrivania, poi in piedi per ore a guardare verso la finestra. Il fatto è che Bartleby, semplicemente, ha deciso di negarsi. Perché? Quando si scoprirà, sarà troppo tardi. Il silenzio inspiegabile di Bartleby ci turba e ci accompagna da un secolo e mezzo: perché sulla sua scrivania non batte mai il sole? Da dove viene la sua divina povertà? Perché non è possibile salvarlo? Perché non vuole essere salvato? Abituati all’idea di sviluppo e crescita senza limite con la quale siamo cresciuti, Bartleby ci lascia spiazzati: in lui nessuna aspirazione alla grandezza, solo rinuncia. Come se lui, il povero Bartleby simbolo della divina povertà, portasse sulle sue spalle il lutto per le titaniche e deliranti ansie di vittoria ed espansione del nostro mondo.
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