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Entrare in un mondo che non c’è più, ecco l’impressione che emerge per prima davanti alle immagini di Valerio Radi… Poi si va oltre e si osservano la raffinata tecnica, il b/n velato con colori delicati, le luci e le ombre spesso marcate, la cura con cui ogni posa è stata pensata e ogni ambientazione realizzata…
Mettendo insieme questi elementi, diventa evidente l’operazione artistica e culturale fatta dal fotografo; con cura filologica ha ricostruito gli ambienti rurali della Maremma fine anni ’50, rappresentando la vita contadina di allora. E scene così perfette anche dal punto di vista compositivo, oltre che storico, non possano abitare i nostri giorni.
Questa rivisitazione antropologica dell’immagine ha senza dubbio richiesto un meticoloso lavoro di ricerca di soggetti, luoghi e oggetti, ricomposti poi sul set fotografico per diventare una composizione artistica.
E’ come se Radi avesse immaginato la scena alla stregua di un regista e poi l’avesse fermata nello scatto con la sensibilità del pittore.
Un’operazione complessa e nello stesso tempo originale, realizzata con l’intento di far rivivere il passato della cultura contadina maremmana, ma con l’occhio disincantato e anche appassionato del presente.
Non possiamo essere sicuri che le persone riprese dall’obiettivo – vere e proprie comparse – nella realtà di quel tempo si sarebbero comportate così… per loro ora si è trattato di recitare una parte, quasi un gioco… tuttavia il richiamo delle immagini a quello che doveva essere la vita di allora è forte, così diversa anche se si tratta solo di sessant’anni fa: per questo il sentimento di appartenenza, la lentezza, la fatica, l’impegno per riscattarsi e costruire un mondo migliore appaiono con tutta la loro forza espressiva.
È un tornare con un colpo d’occhio a ‘chi eravamo’ per poi pensare a chi siamo, attraverso un progetto complesso, realizzato con una competenza tecnica che Valerio Radi ha saputo declinare in modo lirico, quasi sentimentale.
Gian Paolo Bonesini